La scienza alessandrina
 

 

 

 

 

 

 

 


I centri del sapere, collocabili in passato ad Atene, nella Ionia o nella Magna Grecia, si “trasferirono” all’interno delle più emergenti città dell’impero di Alessandro Magno quali Rodi, Pergamo, Antiochia, Pella e soprattutto Alessandria, in Egitto. Quest’ultima ebbe una rapida evoluzione culturale e, infatti, la sua fama fu nota all’intera Europa e a tutto il    mondo fin dal 332 a.C., data della sua fondazione.

 Il suo Museo, dotato di un orto botanico, di sale di anatomia, di un osservatorio astronomico, di un giardino zoologico e di ogni apparecchiatura utile allo studio scientifico, è ricordato come il più importante di tutta l’antichità.

Anche una biblioteca aveva sede ad Alessandria e ben presto fu tra le più fornite del mondo; vi arrivarono migliaia di volumi, compresa una parte della biblioteca aristotelica. Il periodo del suo splendore durò relativamente poco a causa di un saccheggio nel 145 a.C. durante una guerra civile e di un incendio nel 45 a.C. durante la campagna di Giulio Cesare. In seguito il vescovo Teofilo fece distruggere gran parte dei suoi settecentomila volumi. Infine i musulmani, nel 641, rasero al suolo la città facendo, scomparire ciò che rimaneva della Biblioteca.

 

 

 

La grammatica e la filologia.

 

Prese piede in questo periodo lo studio di nuove scienze di natura linguistica e storico – linguistica.

La conquista macedone di un vastissimo impero aveva portato ad una rapida diffusione della lingua greca e a un processo di omogeneizzazione culturale. Ben presto sorse la necessità di scrivere una grammatica di questa lingua che a molti risultava addirittura straniera. La prima opera linguistica è da attribuire a Dionisio Trace che operò soprattutto a Rodi.

Ma soprattutto si sviluppò l’interesse per le opere del passato portando alla nascita della filologia, ovvero l’analisi critica dei testi letterari anche da un punto di vista linguistico, avente come unico fine quello di separare le opere autentiche da quelle erroneamente attribuite ai vari autori. Furono così redatte la prima edizione critica di Omero, ad opera di Zenodoto di Efeso e l’edizione del Corpus aristotelico da parte di Andronico di Rodi.

 

 

 

La medicina.

 

Gli studiosi alessandrini ebbero notevole importanza anche nel campo delle scienze naturali e fisiche, soprattutto per quel che riguarda le esperienze del passato. I medici alessandrini rivolsero la loro attenzione alla redazione del “Corpus Hippocraticum” rivendicando il ruolo di eredi della grande scuola medica di Cos.

Ippocrate di Cos (460-377 a.C.) fu senza dubbio il più famoso esponente della scuola medica sorta a Cos, un’isola dell’Egeo. All’interno della generale tendenza del V secolo a liberare il sapere dalle influenze magiche e mitiche, egli cercò di fare della medicina una scienza basata su un metodo razionale di diagnosi e di terapia. Dei circa sessanta scritti che compongono il Corpus hippocraticum solo una parte sono attribuiti a Ippocrate o alla scuola di Cos.

La tendenza alla specializzazione si manifestò soprattutto nell’esercizio della medicina: si distinsero le varie attività quali quella del chirurgo, dell’odontoiatra e così via.

Furono compiuti importanti progressi a livello di studio anatomico dell’uomo tramite la dissezione dei cadaveri che portarono a riconoscere alcuni errori negli studi di importanti filosofi come ad esempio Aristotele.

 

 

La matematica.

 

Anche in campo matematico si assiste, in epoca alessandrina, ad una riorganizzazione degli studi precedenti. Fondamentale in questo ambito è la celebre sistemazione logica operata da Euclide e intitolata “Elementi”, nella quale convergono tutti i risultati raggiunti dai Greci nel campo della geometria e dell’aritmetica.

Si tratta di un’opera di quindici libri i cui viene trattato lo studio dell’aritmetica dei numeri interi e frazionari, la teoria delle proporzioni e i ragionamenti sulle figure della geometria piana.

Il metodo utilizzato da Euclide è rigorosamente deduttivo, fondato cioè su premesse di carattere generale che permettono la dimostrazione di una particolare legge.

Il matematico pone come basi dei suoi ragionamenti delle verità universali: gli assiomi o nozioni comuni, i postulati e dei termini (cioè delle definizioni degli elementi essenziali della matematica: punto, retta e piano.

Altro importante matematico fu senz’altro Apollonio che, dopo aver studiato nella scuola alessandrina guidata dai discepoli successori di Euclide, divenne maestro per un lingo periodo a Pergamo. A lui si deve un trattato di otto libri contenente un importantissimo studio circa le coniche (ellisse, parabola e iperbole).

Un ruolo singolare fu svolto dal celeberrimo Archimede, lo ‘scienziato’ per antonomasia. Questi diede un grande contributo non solo alla matematica ma anche alla fisica, alle applicazioni tecniche della meccanica. Tra i problemi da lui affrontati ricordiamo lo studio della spirale chiamata oggi la spirale di Archimede, gli studi sulle leve e quelli sul galleggiamento.

 

 

 

L’astronomia e la geografia.

 

Già fin dall’antichità lo studio della volta celeste aveva affascinato i sapienti. Si parla infatti della previsione di un’eclissi da parte di Talete che una volta avrebbe previsto anche un abbondante raccolto di olive.

Anche Aristotele si interessò a questo argomento ed elaborò la teoria delle sfere concentriche.

L’autonomia degli studiosi di Alessandria rispetto ad Aristotele è dimostrata dalle teorie astronomiche di Aristarco. Studioso di fisica, fu il primo ad esporre la teoria eliocentrica.

Tale concezione era però destinata a scomparire e ad essere surclassata da una teoria geocentrica, elaborata da Ipparco, considerato uno dei più grandi astronomi dell’antichità. La definitiva sistemazione dell’ipotesi geocentrica, attaccata in seguito da Copernico e da Galileo, avvenne circa nel II secolo a.C. per opera di Claudio Tolomeo.

Nel III secolo il nome di Eratostene spicca tra i bibliotecari del Museo di Alessandria. Egli fu uno studioso di scienze matematiche e geografiche. Convinto che la Terra avesse forma sferica cercò di misurarne il diametro, ottenendo una lunghezza inferiore di appena un centinaio di chilometri di quella che siamo in grado di stabilire al giorno d’oggi.